Cos’è la bellezza?

-sguardi-2-34605Nasciamo con a disposizione un’energia come dote da spendere nella vita, dove questa energia si chiama libido, che non è solo come la intendeva Freud, (libido sessuale), ma come ha dimostrato Jung è energia psichica che può assumere diverse forme, a diversi livelli, anche sessuale. Ora, nell’osservare “sua maestà il corpo” ci accorgiamo che è strutturato in modo tale da avere una supremazia sull’ambiente se non altro perché può manipolarlo. Il pollice opponibile ne è una dimostrazione.  Quindi scopo  e  fine della vita è quello di “spendere” questa libido oggettuale che trova il proprio piacere nell’altro, nell’oggetto; il mondo in quanto corpo? D’altronde se si nasce attraverso un corpo che si sviluppa, un corpo che ha senso solo in quanto in relazione con il mondo, allora dal momento che il corpo è la sede dei sensi, allora la libido porta con sé il piacere e il mondo afroditico dei sensi. Ma Afrodite è considerata la dea alchemica, quindi il principio della trasformazione oltre che dea dell’amore e della bellezza. “Aurea fu l’aggettivo spesso utilizzato dai greci per descrivere Afrodite e per loro Aurea voleva dire bella”[1]. Non a caso Plotino ha attribuito a Platone l’idea che l’Anima è sempre una “Afrodite”. Allora, nelle parole di Hillman: “Immagineremo che questa pulsione libidica, che percorre tutto l’opus del fare anima e il suo amore crescente, abbia come meta una resurrezione nella bellezza e nel piacere”[2]. Rispetto alla libido, ritengo utile sottolineare che secondo Jung: “La libido ha un carattere archetipico. E questo equivale a dire che la libido non proviene mai dall’inconscio in uno stato informe, ma sempre in immagini”[3]. Ma dipende da ognuno di noi saper cogliere la bellezza e il piacere. Tra l’altro la bellezza potrebbe essere considerata come l’oggettivazione del piacere. Vedere la bellezza in ogni sua modalità, dipende da come noi vediamo. Se vediamo con la ragione difficilmente potremmo cogliere questa bellezza, viceversa se ci poniamo con il cuore e con il desiderio, allora entriamo in sintonia con il cosmo con il “Qi” in un autentico rapporto-oggettuale, dove Eros e Psiche potrebbero essere degni rappresentanti. E’ auspicabile quindi saper riconoscere la bellezza nella nostra individualità, nel nostro corpo, ma non nel senso comune del termine, dove la bellezza viene letteralizzata, dove diventa fisica. La bellezza non è mai fisica di per se! Semmai la si può intendere come un piacere che si sostanzializza attraverso l’oggetto; in questo senso la bellezza non può prescindere dalla relazione oggettuale.   Potrebbe la bellezza corrispondere alla materializzazione del piacere? Perché no?          Moltissime persone non accettano il loro corpo così com’è, probabilmente perché letteralizzano il significato della bellezza, per cui si appesantisce la forma materiale della sua stessa fisicità; guardiamoci bene dal fisico nel materiale! Forse bisognerebbe immaginare di più con i sensi, con il piacere, altrimenti non si può dare bellezza. Vediamo la bellezza in un oggetto qualsiasi quando, ancora prima lo abbiamo immaginato con il piacere, col cuore. Esiste una madre che non vede il proprio neo-nato bellissimo? Tornando alla bellezza  ed al fatto che molte persone non “si piacciono”, è probabile che tale difficoltà possa essere rintracciata in due fattori intimamente legati l’uno all’altro: il primo, come già accennato, potrebbe dipendere dalla prospettiva letteralizzante, cioè dal fatto che proiettiamo massicciamente l’idea o l’immagine della bellezza nel fisico, in altre parole ci aspettiamo di trovare la bellezza nel fisico senza neppure immaginare l’oggetto; ma se manca il piacere di immaginare non ci può essere bellezza. Secondo,  la società propone oramai modelli di bellezza con dei parametri che difficilmente possono essere riscontrati sul proprio corpo. Risultato: non ci piacciamo, così rincorriamo i più svariati rimedi che vanno dalla dieta, alla palestra, dal chirurgo estetico al personal trainer e così via. E siccome è tutto un autoinganno, si continuerà ad essere infelici perché ci si  sente traditi dal proprio corpo. In realtà, l’infelicità che segue le diete, il chirurgo plastico, l’iniezione di bodulino, ecc, deriva dal fatto che più continuiamo a essere ciechi nei confronti dell’anima, della nostra vera natura più ci dovremmo aspettare l’insorgenza di sintomi, percepiti sia sul piano esistenziale sia sul piano medico. Forse per piacersi bisognerebbe partire dalla capacità immaginativa, immaginare col cuore! Insomma,forse la bellezza più che nell’oggetto è da ricercare nel modo con cui noi vediamo?

Dott. Marco Franceschini

[1] Bolen J.S., 1984, Le dee dentro la donna, Astrolabio, 1991, pg.221.

[2] Hillman J., Psicologia Alchemica, cit., pg. 281.

[3] Jung C.G., Psicologia Analitica, McGuire W. (a cura di), Ed. Magi, Roma, 2003, pg. 29.