SANDOR FERENCZI, PRECURSORE DELLA MODERNA PSICOPEDAGOGIA?

testa-primo-piano1-1764x700Già nel 1908! Sandor Ferenczi scriveva:”…L’obiettivo immediato che una riforma del sistema pedagogico dovrebbe raggiungere è il risparmio delle rimozioni inutili che solitamente gravano sulla psiche infantile. Successivamente, si dovrebbe affrontare un compito di maggior rilievo:una riforma delle istituzioni sociali nel senso di facilitare il libero flusso della parte non sublimata degli appetiti. Per noi la cultura non è fine a se stessa; è un mezzo il più possibile rispondente al suo fine, il mezzo per raggiungere dei compromessi tra interessi propri e altrui…Ovviamente, il limite della libertà di ciascuno dovrà sempre restare il rispetto dei giusti e naturali interessi altrui. L’ignoranza in materia di psicologia e un’educazione che trascura i dati psicologici reali, fanno sì che nella società attuale i fenomeni patologici, dove, appunto, si manifesta l’illogica elaborazione del rimosso, siano tutt’altro che rari…Occorre perciò stabilire quali modificazioni possono già oggi essere apportate all’educazione infantile sulla base della nostra maggiore consapevolezza…Insomma:la tendenza del bambino a restare attaccato alle proprie esperienze e a fissarle ha sì conseguenze negative.…L’attuale modo di comportarsi coi bambini, la noncuranza con cui li si lascia soli nella fase più acuta della loro crisi, senza dar loro un appoggio, una preparazione, delle spiegazioni e una forma di tranquillità che li aiutino ad affrontare il loro sviluppo sessuale, tutto ciò è una vera crudeltà…Solo nella misura in cui l’aura di mistero che avvolge le questioni sessuali venga dissolta e si abbiano rappresentazioni corrette dei processi che hanno luogo nel proprio corpo e nella propria psiche, solo dunque a condizione che si verifichi un investimento di attenzione, è possibile realmente dominare e sublimare gli affetti sessuali; viceversa, finché il rimosso, sottratto al nostro controllo, resta nell’inconscio, la nostra vita psichica è tenuta in agitazione da un elemento estraneo…I metodi correttivi – ricompensa, imposizione, castigo, pena corporale – necessitano di un’attenta revisione. È su questo terreno che si commettono gli errori più gravi e spesso si pone il seme di future nevrosi…Sarà compito della futura pedagogia sperimentale stabilire se sia possibile orientare la formazione del carattere esercitando un’influenza sul bambino durante la prima infanzia, una disciplina che si prefigga un simile scopo non è impensabile. Ma c’è ancora molto da fare e da imparare prima che si possano prendere seriamente in considerazione e tradurre in pratica idee come queste…”

(Tratto dal libro di Marco Franceschini, La Psicoanalisi Moderna nei Contributi di Sandor Ferenczi, Ed.Pioda, Roma)

Sviluppo della personalità e nevrosi.

the_tao_wallpaper__yvt2Ancor prima di educare un bambino, un adulto dovrebbe riflettere sulla presunzione di educare il bambino senza aver conosciuto a fondo e quindi educato il proprio bambino interiore. D’altronde, sarebbe altrettanto presuntuoso per l’adulto pensare di poter correggere errori nel bambino, pur continuando egli stesso a commettere gli stessi errori. La personalità la possiamo immaginare come un germe che cresce  solo gradualmente nella vita e grazie alla vita. Parlare di sviluppo della personalità significa anche parlare di fedeltà alla propria ghianda, al proprio daimon, cioè alla propria legge, vuol dire parlare di fiducia di base e lealtà, di fedeltà a se stessi.  La personalità difficilmente si può sviluppare in modo sano, senza che l’individuo scelga coscientemente e autonomamente di seguire la propria strada. Talvolta però, sceglie altre strade, auto-ingannandosi e convincendosi che sia quella giusta, ma che deriva inesorabilmente dai condizionamenti e da identificazioni con altri enti quali, la famiglia, la religione, la società di massa, la politica ecc. Sviluppare la propria personalità allora, agli occhi della società di massa diventa un impresa impopolare, e solo pochi si sono votati a questa avventura, come diceva Jung, “sono gli eroi mitici dell’umanità”. La personalità autentica ha sempre una vocazione, un fattore irrazionale che spinge ad emanciparsi dalla massa, ha fede in se stessa così come quando si ha fede in un dio. Troppo spesso l’individuo anziché ascoltare il proprio daimon, la propria vocazione, ascolta la voce del “gruppo” (società, famiglia,ecc.),precludendosi qualsiasi libertà, quella di poter scegliere. Ma il “gruppo” (famiglia, società, ecc.)a causa della sua inconsapevolezza non ha libertà di scelta. Il meccanismo delle convenzioni mantiene gli uomini inconsapevoli perché gli permette di seguire ciecamente le strade consuete senza bisogno di scegliere consapevolmente con il vantaggio secondario di non doversi prendere responsabilità verso se stessi e verso gli altri. Eppure il gruppo, la società, storicamente ha sempre sentito il bisogno di creare e individuare un eroe che lo liberi dalla propria inconsapevolezza e che sia un esempio a cui anelare. La vita di Cristo, in questo senso, rappresenta la personalità di un uomo che ha deciso di consacrarsi alla propria vocazione, donando così l’amore all’umanità. Ma cosa vuol dire? Forse, ma è una mia lettura personale, vuol dire donare all’uomo la prospettiva simbolica di chi sceglie di sacrificare la propria identificazione con la massa per ritrovare il proprio sé, la propria spiritualità, dio. Può voler dire, offrire l’amore in quanto forza che lo dovrebbe spingere (l’uomo) verso la realizzazione della propria genuina personalità per affrancarsi dall’inconsapevolezza della massa, resuscitare da essa per facilitare la nascita del proprio “vero sé”, il processo di individuazione.  Secondo Jung, lo sviluppo della personalità equivale ad una crescita della coscienza, nei miti è rappresentata con la nascita dell’eroe. Allora la nevrosi è una difesa contro l’attività interna oggettiva della psiche, un tentativo, pagato a caro prezzo, di eludere la voce interiore e quindi la vocazione, poiché la nevrosi è un disturbo della crescita della personalità. La sofferenza nevrotica, insomma, come la racconta Jung, potrebbe essere un inganno inconscio, perché, come direbbe Freud, ha il suo tornaconto secondario e, come provocatoriamente direi io, una manifestazione della vigliaccheria. Concludendo con Jung:” La strada che si cela dentro di noi è chiamata Tao dalla filosofia cinese, ed è paragonabile ad un corso d’acqua che scorre inesorabilmente verso la propria meta. Essere nel Tao significa compimento, integrità. La personalità è il Tao”.

Dott. Marco Franceschini

Senso autoctono di colpa

11…Il bambino, sconvolto dallo shok dell’aggressione intempestiva (abuso psichico e/o fisico) dallo sforzo di adattamento, non ha una sufficiente capacità di giudizio e critica razionale per condannare la condotta di tali persone autorevoli. I deboli sforzi fatti in questo senso sono brutalmente e minacciosamente respinti dal colpevole, e il bambino viene accusato di menzogna…                                                        …Ci si può domandare se il senso di colpa (sentito dalla vittima) che segue un’aggressione precoce (o, nel caso di ragazzi, la costrizione a iperprestazioni) non sia legato ai sensi di colpa che si percepiscono nell’aggressore e si condividono con lui. Il comportamento delle persone investite di autorità dopo il compimento dell’atto (silenzio, negazione, condotta ansiosa), in aggiunta alle minacce fatte al bambino, è tale da insinuare nel bambino la coscienza della sua colpevolezza e della sua complicità. 
Dott. Marco Franceschini (tratto da: Sandor Ferenczi, Diario clinico)

Gestire i litigi tra fratelli. Alcune regole

Young boy and girl in a fight

La conflittualità tra fratelli di per sé non è negativa, anzi  rientra in una normale esperienza evolutiva. Semmai, ciò che potrebbe destare preoccupazione è il fatto che la conflittualità/aggressività venga espressa in modo poco opportuno, oppure viene negata, come se fosse qualcosa da reprimere, quindi proibita. In realtà, per un bambino è di fondamentale importanza confrontarsi con  la conflittualità e l’aggressività, per esempio quando si tratta di imparare a riconoscere e quindi difendere i propri spazi, i propri bisogni, le proprie idee, ecc. Al riguardo diventa determinante il ruolo dei genitori nel far si che  la famiglia possa diventare una palestra dove i bambini imparano si, a condividere i propri spazi, ma  anche a far valere i propri diritti, a essere generosi e anche egoisti, perché entrambi gli atteggiamenti appartengono in modo naturale all’essere umano e sono funzionali alla sopravvivenza. La prima cosa è accettarli. Tutte le emozioni sono funzionali nella vita e non vanno negate.  Dall’etologia (studio del comportamento degli animali) sappiamo che i cuccioli giocano lottando ai fini dell’abreazione dell’aggressività. In altre parole sanno bene che nella loro vita, devono fare i conti con un compito che li accompagnerà per tutta la vita : conciliare l’istinto alla socializzazione con quello dell’aggressività.

Alcune regole utili per i genitori.

Evitare i paragoni
“Hai visto com’è stato bravo tuo fratello?”, “Sei sempre il solito prepotente! Guarda tua sorella invece come….”. Queste e altre sono frasi, non soltanto sono inutili e feriscono il bambino, ma minacciano la sua autostima e integrità psico-fisica, oltre ad alimentare la competizione tra i fratelli. E’ preferibile parlare con loro separatamente esprimendogli il proprio disappunto. Questo potrebbe essere un buon modo per dare a ciascuno la giusta attenzione, che spesso è il vero oggetto del contendere.

Essere arbitri neutri                                                                                                

E’ difficile rimanere neutri di fronte un litigio tra fratelli, ma bisogna sforzarsi ad esserlo. Bisogna mantenersi “esterni” lasciandoli litigare, almeno fino a quando non passano all’aggressività più fisica e ostile dove rischiano di farsi male seriamente.. Se poi i bambini sono piccoli, ancora in età prescolare e uno dei due è molto aggressivo, è consigliabile vigilare per impedire che il più debole venga picchiato. A questa età i bambini non hanno ancora la consapevolezza che i loro gesti possano avere conseguenze.

Chi l’ha detto che i bambini  devono essere alleati a “tutti i costi”?
Più esortiamo i bambini a “diventare amici”, a condividere i giochi, a fare tante cose insieme, (nella speranza che così litighino di meno…) più li metteremo in difficoltà, riproponendo proprio le situazioni che innescano i conflitti. Quando vorranno giocare insieme, i bambini lo decideranno da soli. Inoltre, credere che debbano andare d’accordo a tutti i costi è un vero e proprio pregiudizio che  nasce da un’ignoranza psichica e culturale. Ricordatevi che voi non avete scelto di avere un fratello o una sorella, un cugino o una zia, al massimo potete scegliere i vostri amici!

Non cercate un colpevole
Se intervenite per interrompere un litigio tra fratelli cercate di evitare assolutamente di mettervi nel ruolo del giudice che sentenzia il colpevole e l’innocente. Tale atteggiamento (tra i più sbagliati e financo pericolosi) alimenterà maggiormente nel tempo la rivalità tra i fratelli. Limitatevi a far cessare lo scontro se lo reputate eccessivo e pericoloso per la loro incolumità fisica.

L’importanza degli spazi autonomi
Tra i più frequenti motivi di litigio, troviamo l’invasione degli spazi personali, ad esempio la televisione,  il videogioco, il bagno, l’uso della scrivania, dei vestiti, ecc. E’ importante quindi che ognuno di loro abbia il proprio abbigliamento, un suo spazio fisico e temporale e stabilire con chiarezza ciò che va condiviso e con quali modalità e regole.

Le emozioni vanno espresse e non soffocate
Questa importantissima regola vale tanto per i bambini quanto per gli adulti. Bisogna imparare a vedere i litigi come un’opportunità per incanalare la rabbia e l’aggressività che inevitabilmente si accumula nel corso dei giorni. Piuttosto ciò che sarebbe più utile è aiutare i bambini a poter esprimere la loro rabbia senza ricorrere necessariamente alle mani. Ricordatevi che l’aggressività è innata, quindi è una funzione psichica naturale.

 

E se la situazione degenera?                                                                                                                                                    Se ad un certo punto litigio tra fratelli degenera in urla e botte, allora la cosa migliore da fare è quella di dividerli senza incalzare verbalmente o peggio con le mani, in quanto gli arriverebbe un messaggio paradossale, cosiddetto schizofrenogenico. Inoltre perdereste in credibilità e rispetto. D’altronde come potete essere credibili se voi ricorrete alle botte per porre termine ad un litigio dove loro usano le botte? Inoltre, se volete far passare il messaggio che le botte sono vietate e riprovevoli, come pensate di poterci riuscire se poi le usate anche voi? Non vi sembra paradossale?

Stabilire e formulare regole chiare e farle rispettare
È fondamentale stabilire regole che riguardano la gestione degli spazi in casa, degli oggetti, degli orari dei pasti, della condivisione, e così via. Ciò che è importante, non è tanto preoccuparsi se una regola è sbagliata o meno, quanto piuttosto che sia chiara, sensata e farla rispettare. Così ad esempio, si può stabilire che: è vietato picchiarsi; insultare e offendere;  rompere gli oggetti; fare scenate in luoghi pubblici; ecc

Dott. Marco Franceschini.

Identificazione con l’aggressore.

…l’uomo è l’unico essere vivente che mente. E’ questo che rende difficile al bambino l’adattamento al mondo esterno costituito dagli esseri umani…Anche i genitori non dicono sempre la verità, anzi mentono deliberatamente, sebbene, secondo loro, unicamente nell’interesse del bambino, il quale, quando se ne rende conto, diventa diffidente. Un’altra difficoltà riguarda la dipendenza del bambino dal suo ambiente dove prevalgono certi ideali che costringono il bambino a mentire, suo malgrado. All’inizio il bambino pensa che i dolci sono buoni, i soprusi sono cattivi, ma presto si scontra con opinioni diverse…
Vede i genitori che si accapigliano nei litigi e pensa che forse sono pazzi. Ma se ammette questo resta senza un’immagine adeguata dei genitori stessi quindi impossibile da sostenere. Allora il bambino si trasforma in psichiatra che tratta il pazzo con comprensione e gli dà ragione…almeno diventa meno pericoloso. Così i genitori gli hanno teso una specie di trappola, dove il suo vissuto piacevole/spiacevole viene spesso contraddetto dalle persone che egli ama profondamente, malgrado le loro opinioni…per amor loro, rinuncia alle proprie sensazioni e convinzioni per adattarsi al codice familiare.
Un paziente ricorda un episodio dell’infanzia dove veniva picchiato a sangue dal padre e mentre veniva picchiato pensava:” che bello quando sarò padre e picchierò il mio bambino! Quindi, prima si ha paura della punizione, dopo ci si identifica con l’autorità che infligge la punizione. La madre e il padre che prima erano reali, esterni, ora diventano interni.
Così…”l’analisi dovrebbe essere in grado di fornire al paziente l’ambiente adatto, che a suo tempo è mancato alla costituzione dell’Io e mettere fine allo stato di mimetismo che come un riflesso condizionato, spinge solo alla ripetizione”

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