Gabbia mentale e violenza.

11074590_820348984667612_4723452770829470089_nLa violenza può essere estrovertita cioè vissuta ai danni dell’ambiente circostante, oppure introvertita, che nel migliore dei casi si manifesta, a livello psicosomatico con reazioni allergiche. Tutto ciò ha origine dal fatto che abbiamo la tendenza a reagire anche violentemente a ciò che minaccia la nostra libertà, quindi sopravvivenza. In questo senso, credo che i pregiudizi talvolta, rappresentano una vera gabbia mentale perché minacciano la nostra libertà di pensiero, di conoscenza e di esplorazione del nuovo, costringendoci dentro un movimento psichico limitato. Ciò spiegherebbe perché la persona violenta è spesso una persona con una gabbia mentale,ma che non sa di avere,da qui, la rabbia che sfocia in atteggiamenti violenti.

Marco Franceschini

Telepatia o Disturbo Post-Traumatico?

All’interno dello scritto “Il Bambino Mal Accolto e la Sua Pulsione di Morte” (1929), Ferenczi osserva che il trauma è causato dai desiFerenczideri consci e inconsci dei genitori, (proiettati sui bambini), anticipando una linea teorica che verrà ripresa in Francia cinquant’anni più tardi da Piera Aulagnier, nel suo contributo sullo spazio identificatorio a cui ogni bambino perverrà nel processo di crescita. Se parecchi autori hanno, sulla scia di Ferenczi, certamente focalizzato l’effetto traumatico dei fallimenti ambientali precoci (Spitz, Winnicott, Searles), la concezione che Ferenczi prospetta è fortemente innovativa perché la ricaduta patogena del trauma viene da lui estesa prendendo in considerazione soprattutto i desideri e gli investimenti parentali. Ferenczi noterà l’ipersensibilità di certi pazienti alle reazioni dell’altro, analista incluso e la loro conseguente capacità di “comprendere” le persone che le circondano quasi in modo telepatico. Questo punto è stato successivamente sviluppato da una delle sue allieve, Fanny Hann, che in uno studio approfondito sui fenomeni telepatici farà riferimento, per spiegarli, alla percezione da parte del bambino o del paziente, di una carenza di investimento libidico, di cui la propensione telepatica sarebbe un meccanismo sostitutivo.
Winnicott nel 1949 ritornerà su questo e altri punti introdotti da Ferenczi nel formulare la sua concezione teorica, soprattutto nel suo libro “The Mind and its Relation with the Psiche-Soma” (1949).
Marco Franceschini (tratto da: Marco Franceschini, “Ferenczi, l’enfant terrible della psicoanalisi, ed. Alpes)

 

Depressione:prova suprema verso il tesoro.

Nelle leggende, nelle fiabe, nelle religioni, di ogni epoca e di ogni parte del mondo,troviamo un comune denominawinter-warriortore: il sacrificio che l’eroe è chiamato a compiere per conquistare la sua individualità, o come direbbe Jung, la propria anima, ciò che nelle leggende corrisponde alla ricerca del tesoro o della Principessa che l’eroe deve liberare dal castello. Ma l’eroe, si sa, ha dovuto attraversare luoghi impervi e situazioni difficili al punto di rischiare di morire, (grotte, giungle, draghi da combattere, l’inferno da vivere, l’oscurità). Se affronta tutto ciò accettando la sfida, allora trova il “tesoro”. La Depressione, da questa prospettiva, rappresenta dunque una via senz’altro oscura e difficile, ma che ci costringerebbe ad andare giù, perché è lì che possiamo cercare il tesoro, detto in altri termini, la nostra originalità che abbiamo perso uniformandoci alla massa. La depressione dunque ci dà la possibilità di liberare la principessa dal castello ovvero di liberare la nostra anima dalle prigioni del pensiero talvolta troppo conformista e dall’autoinganno. Spesso chi si sente depresso si sente incompreso, si sente vittima nei confronti di chi lo circonda,così non esita a criticare tutto e tutti,ma forse perché non riesce a muoversi e prendersi le proprie responsabilità? Come afferma Joseph Campbell:”L’eroe moderno, l’individuo moderno che osa obbedire al richiamo e cerca la dimora di quella presenza con la quale è nostro destino riconciliarci, non può, e invero non deve aspettare che la sua comunità si liberi dall’orgoglio, dalla paura, dall’avarizia razionalizzata, e dall’incomprensione santificata. Non è la società che deve guidare e salvare l’eroe, ma il contrario. E così ognuno di noi partecipa alla prova suprema (porta la croce del redentore) non nei momenti gloriosi delle grandi vittorie e dei successi, ma nei silenzi della sua disperazione!”

Dott. Marco Franceschini