Scendere in basso.

homeless_by_pinkzippo“Un pezzente mi si affianca e vuole entrare nella mia anima. Dunque io sono troppo poco pezzente. Dove si nascondeva la mia indigenza quando non la vivevo? Io giocavo a vivere la vita, ero uno che si faceva pensieri gravi sulla vita, ma la viveva con agio.Il pezzente era ben distante e dimenticato. Lui rende la vita facile e semplice. Mi conduce in basso, da dove posso vedere l’altezza. Senza la profondità non ho però l’altezza…Per rinnovarmi mi è dunque necessario stare in basso. Se sto sempre in altro, logoro questa altezza, e ciò che vi è di meglio si trasforma per me in atrocità. Un individuo che non riesca più a discendere dalle sue altezze è malato, è un tormento per sé e per gli altri. Per questo ti serve vivere in basso, perché lì tu semplicemente esisti. Per questo hai bisogno anche delle altezze, perché lì tu sei in divenire…”
(C. G. Jung, IL Libro Rosso)

CIRCONCISIONE: LIBERARSI DAL COMPLESSO MATERNO

circoncisoUn paziente di C.G. Jung sognò un serpente che gli morse i genitali. Questo sogno si verificò quando il paziente di Jung si convinse dell’esattezza dell’analisi e cominciò a liberarsi dal proprio complesso materno.                                                    D’altronde, i miti, così come i riti, possono avere  la funzione di fornire i simboli che aiutano il progresso dello spirito umano. Noi restiamo legati alle immagini inesorcizzate dell’infanzia, e siamo quindi riluttanti ad addentrarci nell’età adulta. Così, mentre i mariti, divenuti ormai avvocati, commercialisti, medici, ingegneri, industriali secondo il desiderio dei loro genitori, continuano ad adorare gli idoli della propria infanzia, le loro mogli, dopo anni di matrimonio, dopo aver allevato i figli, cercano ancora disperatamente l’amore – quell’amore che potranno trovare soltanto nei centauri, nei satiri, nei sileni e negli altri mostri concupiscenti che popolano i loro sogni, o negli eroi delle pellicole cinematografiche. Alla fine deve intervenire lo psicoanalista, il quale conferma la saggezza degli antichi insegnamenti degli stregoni che danzavano mascherati e circoncidevano i fanciulli, e noi sappiamo che come nel sogno del serpente, i simboli eterni dell’iniziazione vengono riprodotti spontaneamente dal paziente stesso nel momento in cui si libera dai vincoli che lo legano al passato. Evidentemente questi simboli sono indispensabili alla psiche.

Dott. Marco Franceschini

Riferimenti :

  • C.G.Jung, Simboli della Trasformazione, ed. Boringhieri.
  • J. Campbell, L’eroe dai mille volti, ed. Lindau.

 

La Croce e il processo di individuazione

fine image of Christian cross of light background
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Nel capitolo intitolato, “La liberazione dalla madre”, nel suo volume quinto, Simboli della Trasformazione, Jung descrive il processo di individuazione come un compito assai arduo che solo pochi forse possono compiere. Inoltre, individua nella “passione di Cristo” la valenza simbolica del processo stesso, il quale (processo di individuazione) richiederebbe anche, da parte dell’uomo, un affrancamento dall’imago materna che non può essere raggiunto se non con un enorme sforzo e sofferenza psico-fisica. Tale affrancamento però, è solo un primo passo, indispensabile per costruire una relazione più matura con la madre stessa, quella archetipica, in altre parole con la propria anima.                                     Scrive Jung:”Il compito consiste nell’integrazione dell’inconscio, cioè nella sintesi di conscio e inconscio (io direi tra la persone e la psiche). A questo processo io ho dato il nome di “processo di individuazione”. In questo stadio il simbolo materno si connette all’inconscio in quanto matrice creativa del futuro. “Entrare nella madre” significa allora stabilire una relazione tra l’Io e l’inconscio. Chi è immerso in se stesso è come interrato; un morto ritornato alla madre terra; è un Ceneo carico di cento fardelli sprofondato nella morte, un uomo che porta gemendo il carico pesante del suo Sé e del suo destino. Pensiamo alla tauroforia di Mithra, che prende sulle spalle un peso schiacciante, il suo toro, o come dice l’inno egizio, “il toro di sua madre”, vale a dire, l’amore per la sua madre natura, e inizia così la marcia dolorosa, il transitus. Questa via crucis porta alla grotta nella quale il toro viene sacrificato. Così anche Cristo deve portare la sua croce sino al luogo del sacrificio, dove, secondo la versione cristiana, l’agnello viene sacrificato nella figura del dio per essere quindi calato sotto terra nel sepolcro. La croce, o comunque il pesante fardello portato dall’eroe è l’eroe stesso, o meglio, il suo Sé, la sua totalità, dio e animale a un tempo, non solo l’uomo empirico, ma la pienezza del suo essere radicata nella natura animale, che trascendendo l’elemento puramente umano si eleva fino alla divinità. La sua totalità implica una tremenda tensione degli opposti che appare unita e composta in sé stessa, come nella croce che ne è il simbolo più perfetto. Ciò che in Nietzsche appare come una metafora poetica è in realtà un mito antichissimo”.

Quando la libido abbandona il luminoso mondo superiore, – sia in virtù di una libera scelta o perché semplicemente è scemata-allora questa ricade nelle sue profondità , alla sorgente dalla quale era scaturita in origine e fa ritorno al punto di rottura, l’ombelico, attraverso il quale essa (libido) un tempo penetrò in quel corpo. Questo punto di rottura ha nome “madre” perché da lei ci venne la corrente della vita. Perciò quando vi è da compiere qualche grande opera o dobbiamo prendere importanti decisioni, spesso l’uomo indietreggia disperando delle sue forze e la sua libido rifluisce al punto di origine della sorgente e questo è il momento pericoloso nel quale occorre decidere tra l’annientamento e una nuova vita. Se la libido riesce a liberarsi e a farsi strada verso l’alto, si verifica il miracolo: la discesa nel mondo sotterraneo sarà stata un tuffo nella fonte di giovinezza e un nuovo impulso fecondatore risulterà dalla morte apparente. (tratto da C.G. Jung, Simboli della Trasformazione)

N:B: La libido viene qui intesa come energia psichica. Non bisogna confonderla con la “libido sessuale” di Freud. Infatti, per Jung la libido è la nostra fonte energetica che può assumere diverse forme e modalità di espressione; tra queste anche e non solo, quella sessuale. Ed è proprio sul concetto di libido che si è consumata la separazione tra Jung e Freud. (Dott. Marco Franceschini)

Evoluzione e Sincronicità. Pauli e Jung

tastiera nel cielo Presento qui alcuni stralci di paragrafi presi all’interno del capitolo, “La lezione di piano”, di un testo del famoso fisico W.Pauli, intitolato, Psiche e Natura.

A partire da Darwin, si è voluta ricondurre l’intera evoluzione biologica all’azione di un caso cieco, ossia privo di finalità. Secondo questa concezione i responsabili dell’evoluzione biologica sarebbero soltanto piccoli gradi di mutazione, che avrebbero luogo secondo un caso privo di scopo e a partire dai quali poi le condizioni di vita esterne, fisiche, delle specie opererebbero una selezione definita come “naturale”. A questa concezione si contrappone quella di Lamarck, secondo cui le circostanze esterne provocherebbero  delle mutazioni ereditarie, nel senso di un adattamento conforme a uno scopo. In effetti l’adattamento degli organi alle condizioni di vita fisiche non appare spiegabile attraverso un caso privo di finalità. Inoltre, sebbene i caratteri acquisiti non vengano normalmente ereditati, come mostra l’esperienza, esistono esempi di caratteri ereditati, come ad esempio il senso dell’orientamento degli uccelli migratori, che certamente devono essere stati una volta acquisiti.  Si ha l’impressione che le circostanze fisiche esterne da un lato e le modificazioni ereditarie dei geni (mutazioni) che ad esse si sono adattate dall’altro non siano legate fra loro da un rapporto causale riproducibile, ma siano comparse con un senso e una funzione-correggendo le oscillazioni “cieche”, causali delle mutazioni insorgenti- insieme alle condizioni esterne come un’unità indivisibile.  Secondo questa ipotesi, che si distanzia sia da Darwin sia da Lamarck, incontriamo quel terzo tipo di leggi di natura cercato, che consiste nel correggere le fluttuazioni del caso tramite coincidenze, dotate di senso o di un fine, di eventi non casualmente connessi. Quindi un adattamento biologico che viene concepito come non causale. Questo globale presentarsi di coincidenze significative nell’evoluzione biologica indica la presenza di un fattore psichico che procede di pari passo con esse e che compare su un piano più alto come emozionalità, ovvero eccitazione. Penso alle coincidenze significative di cui ha parlato C.G. Jung, che non si possono provocare intenzionalmente e si manifestano solo in certe condizioni. Definendo quelle coincidenze con il termine “sincronicità”, egli ha stabilito un peculiare collegamento di questi fenomeni con il concetto di tempo.                                                                                                                                                                             Facciamo l’esempio del pianoforte: io so soltanto suonare il pianoforte, non sono in grado di insegnare una teoria del pianoforte, né so costruire pianoforti. L’essere umano è simile a questo pianoforte: le note hanno un’altezza e un’intensità, le melodie sono figure che è possibile riprodurre e riconoscere in differenti tonalità poiché una tonalità si può trasformare in un’altra.  Così come ci sono suoni gravi, medi e acuti, così nell’uomo esistono l’elemento istintivo o pulsionale, quello intellettuale o razionale e quello spirituale o sovrasensibile. L’intensità invece è la forza con cui le note agiscono sulla nostra coscienza…Una certa libertà negli eventi dovrà dunque essere presupposta, in particolare per ciò che riguarda la scelta della “tonalità” in cui una “melodia” viene realizzata.

Dott. Marco Franceschini. Tratto da: Wolfang Pauli (Nobel nel 1945 per la Fisica) Psiche e Natura, ed. Adelphi

Anima come matrice della coscienza.

12049430_10206648582684750_9075228143707301831_nL’anima è un archetipo naturale che riassume in modo soddisfacente tutte le attestazioni dell’inconscio, dello spirito primitivo, della storia della lingua e della religione….Essa è sempre l’ELEMENTO A PRIORI degli umori dell’uomo, delle sue reazioni, e impulsi, e di tutto ciò che esiste di spontaneo nella vita psichica. È qualcosa che ha vita propria e che ci fa vivere; è una vita che è dietro la coscienza e che non può mai essere completamente integrata con questa, ma dalla quale, piuttosto, la coscienza emerge.
Dott. Marco Franceschini (Tratto da C.J. Jung, Opere Vol. 9).

Ricadere nell’errore: una presa di coscienza?

Cappuccetto rossoLe fiabe si basano su alcune funzioni universali della psiche, senza che ci sia alcun ponte verso i contenuti di carattere più personale. Nel lavorare su una fiaba, quindi, ci si trova di fronte alla struttura fondamentale della psiche, una sorta di scheletro dal quale i muscoli e la pelle siano stati tolti, lasciando soltanto gli elementi di interesse generale. Le fiabe rappresentano perciò dei modelli di vita psichica del tutto astratti. In altre parole, le fiabe, se considerate con serietà, svelano il loro carico di significati inconsci ed esercitano una risonanza emotiva molto forte. Sono la rivelazione delle dinamiche archetipiche della psiche inconscia”.                             Inoltre, le fiabe possono essere considerate quale esempio di un’esperienza psichica che, a forza di ripetersi, potrà un giorno originare un equilibrio nel campo della coscienza. In maniera simile, a livello individuale, le persone cadono di continuo nel medesimo tranello e, nonostante sembri che, di volta in volta, abbiamo imparato la lezione, fatalmente ci ricascano di nuovo. Ma, a ogni caduta, forse guadagnano un po’ di terreno in più finché, dopo l’ennesima volta, non giungono ad esclamare:”Sono già stato qui e sono riuscito ad uscirne!”. Ogni ricaduta, quindi, corrisponde a una piccola presa di coscienza e contiene in sé una sorta di segreta conferma del mistero della personalità individuale. Qualcosa di piccolo e di apparentemente insignificante è mutato, ma la storia non finisce qui…

Dott. Marco Franceschini (Tratto da:Marie Louise Von Franz, L’Animus e l’Anima nelle fiabe, ed. Magi)

Scienza o credenza?

12191073_10206815753503916_2116364161005490027_n“Più ci si inoltra nella comprensione della Psiche, più occorre essere cauti con la terminologia, perché è stata plasmata dalla storia e dai pregiudizi. Più si penetra nei problemi di fondo della psicologia, più ci si accosta a idee che sono segnate da pregiudizi filosofici, religiosi e morali. Ecco perché dobbiamo trattare con estrema prudenza certe cose”. (C.G. Jung) Questa riflessione di Jung rappresenta uno sfondo sul quale possiamo disegnare qualsiasi cosa, fino a far scomparire dalla vista lo sfondo stesso, ma allo stesso tempo far emergere la consapevolezza che è proprio da questo sfondo che prende origine il nostro disegno. E questo sfondo sul quale l’uomo ha costruito la propria realtà, così come se la rappresenta e se la “racconta”, modificandola e manipolandola nel tempo, si chiama storia, origine della coscienza. Bisognerebbe quindi rendersi conto che le formulazioni teoriche insieme alla loro terminologia, possono essere plasmate dai pregiudizi dell’epoca di riferimento e non solo. Anche la terminologia utilizzata e la concettualizzazione di ciò che costituisce il tema teorico, risente di questi pregiudizi. Jung quindi suggerirebbe la necessità di un lavoro che vada all’essenziale. Senza questo fondamentale lavoro di base accetteremmo inconsapevolmente moltissime ipotesi e relative teorie, plasmate da pregiudizi non solo di natura logica, ma anche di natura religiosa, filosofica ovvero epistemologica che inevitabilmente presiedono all’agire umano. Il pericolo non starebbe soltanto nella mancanza di accuratezza teorica o di efficacia clinica, ma soprattutto, ritengo, nell’adozione inconsapevole, di una struttura teorica complessa la cui origine e le cui implicazioni ci sono ignote.

Dott. Marco Franceschini

Il progresso come un diavolo?

Frenesia41318Ci precipitiamo sfrenatamente verso il nuovo, spinti da un crescente senso di insufficienza, di insoddisfazione, di irrequietezza. Non viviamo più di ciò che possediamo, ma di promesse, non viviamo più nella luce del presente, ma nell’oscurità del futuro, in cui attendiamo la vera aurora. Ci rifiutiamo di riconoscere che il meglio si può ottenere solo a prezzo del peggio. La speranza di una libertà più grande è distrutta dalla crescente schiavitù allo stato, per non parlare degli spaaventosi pericoli ai quali ci espongono le più brillanti scoperte della scienza. Quanto meno capiamo che cosa cercavano i nostri padri e i nostri antenati, tanto meno capiamo noi stessi, e ci adoperiamo con tutte le nostre forze per privare sempre di più l’individuo delle sue radici e dei suoi istinti, così che diventa una particella della massa, e segue solo ciò che Nietzsche chiama lo “spirito di gravità”. I miglioramenti che si realizzano col progresso, hanno una forza di persuasione immediata, ma col tempo si rivelano di dubbio esito e in ogni caso sono pagati a caro prezzo. In nessun modo contribuiscono ad accrescere l’appagamento, la contentezza, o la felicità dell’umanità nel suo insieme. Per lo più sono addolcimenti fallaci dell’esistenza, come le comunicazioni più veloci che accelerano il ritmo della vita e ci lasciano con meno tempo a disposizione di quanto non ne avessimo prima. Omnis festinatio ex parte diaboli est: tutta la fretta viene dal diavolo! 

Dott. Marco Franceschini (tratto da: C. G. Jung, Ricordi, Sogni, Riflessioni)

Ombra e proiezione

12509275_10207289391344566_3926640702147337142_nL’ombra fa si che tutte le intenzioni e gli sforzi dell’uomo si trasformino alla fine nel loro opposto. Tutte le manifestazioni che derivano dall’ombra vengono dall’uomo proiettate su un anonimo “male” che esisterebbe nel mondo, in quanto ha paura di trovare in se stesso la vera fonte di ogni aspetto negativo. Tutto ciò che l’uomo non vuole e non desidera, deriva dalla sua propria ombra, che è la somma di ciò che egli non vuole avere. Però il rifiuto di confrontarsi con una parte della realtà e di viverla non porta affatto a nessun successo. Al contrario, le realtà rifiutate costringono l’uomo ad occuparsi di loro in maniera particolarmente intensa. Questo avviene per lo più attraverso il circuito vizioso della proiezione, perché se si è rifiutato e represso in sé un determinato principio, fa sempre paura incontrarlo di nuovo nel cosiddetto mondo esteriore.