Identificazione con l’aggressore.

…l’uomo è l’unico essere vivente che mente. E’ questo che rende difficile al bambino l’adattamento al mondo esterno costituito dagli esseri umani…Anche i genitori non dicono sempre la verità, anzi mentono deliberatamente, sebbene, secondo loro, unicamente nell’interesse del bambino, il quale, quando se ne rende conto, diventa diffidente. Un’altra difficoltà riguarda la dipendenza del bambino dal suo ambiente dove prevalgono certi ideali che costringono il bambino a mentire, suo malgrado. All’inizio il bambino pensa che i dolci sono buoni, i soprusi sono cattivi, ma presto si scontra con opinioni diverse…
Vede i genitori che si accapigliano nei litigi e pensa che forse sono pazzi. Ma se ammette questo resta senza un’immagine adeguata dei genitori stessi quindi impossibile da sostenere. Allora il bambino si trasforma in psichiatra che tratta il pazzo con comprensione e gli dà ragione…almeno diventa meno pericoloso. Così i genitori gli hanno teso una specie di trappola, dove il suo vissuto piacevole/spiacevole viene spesso contraddetto dalle persone che egli ama profondamente, malgrado le loro opinioni…per amor loro, rinuncia alle proprie sensazioni e convinzioni per adattarsi al codice familiare.
Un paziente ricorda un episodio dell’infanzia dove veniva picchiato a sangue dal padre e mentre veniva picchiato pensava:” che bello quando sarò padre e picchierò il mio bambino! Quindi, prima si ha paura della punizione, dopo ci si identifica con l’autorità che infligge la punizione. La madre e il padre che prima erano reali, esterni, ora diventano interni.
Così…”l’analisi dovrebbe essere in grado di fornire al paziente l’ambiente adatto, che a suo tempo è mancato alla costituzione dell’Io e mettere fine allo stato di mimetismo che come un riflesso condizionato, spinge solo alla ripetizione”

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